Quando i jeans parlano troppo: il caso Sweeney e la comunicazione che non puoi più improvvisare.

Una campagna pubblicitaria con Sydney Sweeney scatena polemiche non per ciò che dice, ma per come lo dice. Un’occasione per riflettere sulla comunicazione implicita, sull’ambiguità dei messaggi e sulla responsabilità professionale, anche in farmacia, dove ogni parola rafforza (o mina) la fiducia.
il caso Sweeney e la comunicazione
il caso Sweeney e la comunicazione

Una modella, un claim giocoso e un video di pochi secondi.
La nuova campagna con Sydney Sweeney avrebbe dovuto celebrare i great genes e i great jeans.
Ma a rubare la scena è stato uno zoom: occhi azzurri, primo piano, e la frase “my jeans are blue”.

Nella retorica suprematista americana, blue eyes e good genes non sono parole neutre.
E quello che doveva essere un gioco di parole si è trasformato in un campo minato semiotico.

Non è il pubblico a esagerare. È il messaggio che non regge.

Molti parlano di cancel culture. Di eccessiva sensibilità.
Ma la verità è più semplice: oggi non esistono più messaggi “innocui”.
Ogni comunicazione — anche quella che pensavi ironica o leggera — produce senso, evoca associazioni, attiva valori.

Nel marketing farma questo vale doppio.
Perché una farmacia è un luogo di cura, ma anche uno spazio sociale, emotivo, culturale.

E se succedesse in farmacia?

Immagina una vetrina con un gioco di parole su un integratore.
O un post social con un riferimento visivo che richiama stereotipi di genere, età, corpo o etnia.

Lo hai fatto con leggerezza. Ma chi ti segue, lo leggerà con i propri filtri.
E se il messaggio non è chiaro, coerente e rispettoso… esplode.

 

Comunicare nel 2025 significa anche questo:

  1. Fare attenzione a ciò che dici.
  2. Fare attenzione a come lo dici.
  3. E, soprattutto, a cosa potrebbe voler dire per chi ti legge.

Non si tratta di censurarsi.
Ma di essere responsabili. Di capire che oggi, più che mai, la comunicazione è una questione di cura.
E in farmacia, la cura è il tuo mestiere.

Non servono grandi scandali. Basta una frase sbagliata, un’immagine ambigua, un gioco che non fa ridere tutti.
Perché nel 2025, la reputazione non si gioca solo su ciò che vendi, ma su come scegli di raccontarlo.

 

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